Al termine del #XIICongressoFpCgil #RiGenerazioni Serena Sorrentino è stata rieletta Segretaria Generale della Funzione Pubblica Cgil.

🟥 Al termine del #XIICongressoFpCgil #RiGenerazioni Serena Sorrentino è stata rieletta Segretaria Generale della Funzione Pubblica Cgil.

         

Documento politico conclusivo del XII Congresso nazionale della Funzione Pubblica CGIL

Cervia, 14-17 febbraio 2023

Il XII congresso della Funzione Pubblica Cgil assume i contenuti della relazione della Segretaria Generale Serena Sorrentino, dell’intervento del Segretario Generale della Cgil Maurizio Landini e le conclusioni della Vicesegretaria Generale Gianna Fracassi, i contenuti emersi dal dibattito congressuale come elementi fondamentali per la programmazione e la realizzazione dell’attività della Federazione nel prossimo mandato.

Il congresso inoltre assume e allega al presente documento come contributo la piattaforma di genere prodotta a seguito dell’assemblea delle donne della fp nazionale del 7 febbraio 2023.

Il percorso congressuale della categoria ha rappresentato un importante momento di partecipazione democratica, in cui si è sempre coniugata la discussione sui temi proposti dai documenti congressuali della CGIL con quella sullo stato della contrattazione, nazionale e aziendale, i suoi risultati e le sue prospettive. Complessivamente, le nostre federazioni hanno dato vita a 5.512 assemblee, in rappresentanza di 332.877 iscritti. Di questi, 162.492 sono stati i votanti, pari al 48,81 per cento; il documento “Il lavoro crea il Futuro” ha raccolto 157.865 voti pari al 97,56%, il documento “Le radici del sindacato” ha raccolto 3.953 voti pari al 2,44%. Le delegate e i delegati eletti hanno partecipato a 108 congressi territoriali e 20 congressi regionali.

1        – La pace, le guerre

Il conflitto scoppiato in Europa a seguito dell’invasione Russa ai danni dell’Ucraina, frutto anche di situazioni conflittuali preesistenti, non rappresenta soltanto una tragedia per il tragico bilancio di vite umane, per la barbarie, la fame e la miseria che sempre ogni guerra porta con sé, ma segna anche, per la prima volta da decenni, il rischio concreto e prossimo che il conflitto possa generare improvvisamente una catastrofe in grado di segnare in modo irreversibile la storia dell’umanità.

In questo senso la corsa al riarmo e la guerra non sono mai la soluzione dei conflitti, ancor più nel mondo globalizzato e dell’interdipendenza. Da qui la nostra ferma critica ad ogni azione finalizzata, da parte del governo italiano e dell’UE, a rendere semplicemente l’Ucraina più competitiva sui campi di battaglia anziché muovere convintamente per una conferenza di pace.

La Funzione Pubblica con la Cgil ripudia la guerra, sempre, in totale e sostanziale adesione ai precetti della Costituzione Repubblicana nata dalla resistenza, e afferma la necessità imprescindibile di un rilancio dell’azione di pace che guardi anche oltre la guerra in Ucraina e si faccia carico di chiedere con coerenza e determinazione anche la fine dei conflitti che, con minore attenzione e rilevanza mediatica, mietono vite umane innocenti in troppe parti del mondo.

La diplomazia e una nuova stagione di disarmo sono l’unica strada.

Per questo il congresso impegna tutte le strutture a farsi parte attiva, con la Cgil, nel sostegno e nella promozione di iniziative per la Pace, a partire dalla manifestazione già in programma per il prossimo 25 febbraio, nella logica di allargare la cultura della pace e del disarmo e costruire tutte le alleanze utili a mobilitare le coscienze.

Siamo Funzione Partigiana e proprio per questo non possiamo che essere Funzione Pacifista.

La Pace è condizione imprescindibile e urgente affinché il mondo possa aggredire con immediatezza l’emergenza climatica che se non affrontata in modo coordinato e concreto, parimenti al pericolo nucleare, può generare un futuro di povertà, migrazioni massive e guerre volte all’approvvigionamento di materie prime. Quello del punto di non ritorno verso la catastrofe ambientale è il secondo timer che scorre inesorabile, oltre a quello che misura la distanza dalla guerra nucleare, e che bisogna fermare subito, come atto di parziale risarcimento nei confronti delle nuove generazioni e delle popolazioni del sud del mondo che, com’è evidente, sono quelle che rischiano di pagare ancora una volta il prezzo più alto in conseguenza di una politica neocolonialista che saccheggia il territorio, usa in modo irresponsabile le risorse naturali e sfrutta e alimenta i conflitti a questo scopo.

Il Congresso ribadisce con forza il proprio sostegno e la propria vicinanza a tutt* coloro che lottano contro l’oppressione, la tirannia, l’oscurantismo religioso, le discriminazioni di ogni genere. Il pensiero va in primo luogo in questo momento al coraggio e alla militanza rivoluzionaria delle donne e dei giovani iraniani, in lotta a rischio del patibolo, per riaffermare diritti di libertà elementari.

Così come il Congresso esprime solidarietà e vicinanza alle popolazioni turca, siriana e curda, vittime del recente devastante sisma, evento che richiama alla necessità di rilanciare, potenziare e difendere il sistema della protezione civile in Italia e in Europa.

2 Parità, libertà, autodeterminazione.

E i diritti delle donne, primo fra tutti quello all’autodeterminazione, sono in molte parti del mondo, compreso il nostro paese, sotto l’attacco costante del maschilismo patriarcale. Ne sono prova concreta la primitiva e disumana esclusione delle donne dall’istruzione e da ogni attività sociale nell’Afghanistan dei Talebani, la messa in discussione del diritto all’aborto che avanza per mano della destra repubblicana negli Stati Uniti, l’esplosione del fenomeno dell’obiezione di massa che mette a rischio l’esigibilità della legge 194 in Italia, la permanente discriminazione in termini salariali che pervade tuttora anche i paesi occidentali. Ma ne è prova soprattutto l’intollerabile violenza quotidiana perpetrata da uomini nei confronti delle donne. Per questo il congresso impegna la categoria a proseguire nel percorso messo in atto con le molte iniziative di questi anni, dalla partecipazione a Belle Ciao, a Funzione Paritaria, alla posa della panchina rossa nei pressi della sede della Federazione nazionale, anche intensificando ed elevando la contrattazione sui temi della parità e della conciliazione e avviando un percorso di formazione sui temi delle discriminazioni rivolto a delegat@ e gruppo dirigente.

La contrattazione, ancora, può e deve agevolare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, con un’attenzione oltre che al genere anche alla disabilità, dobbiamo contrastare la violenza su tutte le soggettività di genere e prevenire reati e atti persecutori, maltrattamenti, violenze di ogni genere che avvengono anche nei luoghi di lavoro, abbiamo bisogno di formazione e informazione.

Essere Funzione Paritaria significa, inoltre, prestare attenzione e favorire una politica dei quadri che promuova e valorizzi maggiormente – a tutti i livelli – le competenze e le intelligenze delle Compagne della Funzione Pubblica.

3 – Il nuovo governo, le sue politiche

Le elezioni dello scorso 25 settembre, caratterizzate da un astensionismo che ha riguardato più di un terzo degli elettori, hanno prodotto la formazione del governo più a destra della storia repubblicana.

Nel breve lasso di tempo che ci separa dalla sua formazione abbiamo avuto modo di riscontrarne l’impostazione e la traiettoria politica; la scelta persecutoria nei confronti dei migranti dal sud del mondo, la rimozione della pandemia e dei suoi effetti, la manifesta propensione a favore delle imprese che la presidente del consiglio ha tradotto in “non disturbare chi produce”, una nuova stagione di condoni fiscali e la negazione del principio costituzionale della progressività fiscale incarnato dalla flat tax per i redditi fino a 85.000€.

Abbiamo misurato l’indisponibilità a recuperare risorse da chi ne ha accumulate senza merito che ha impedito la creazione di una tassazione sugli extraprofitti, l’accanimento ideologico nei confronti di una misura migliorabile ma necessaria come il reddito di cittadinanza e la nuova mercificazione del lavoro costituita dalla reintroduzione massiva dei voucher, misura, questa, forse tesa a mandare un segnale neppure troppo nascosto alla nostra organizzazione che per l’abolizione della versione precedente di quello strumento aveva raccolto più di un milione di firme.

Abbiamo colto appieno, con la decisione di erogare unilateralmente l’una-tantum sostitutiva delle poste necessarie a rinnovare i contratti che il Governo non investe e non comprende il valore del lavoro pubblico e vediamo, ora, la pericolosità incarnata da un disegno di riforma dell’impianto costituzionale del paese che, nel mix fra autonomia differenziata ed elezione diretta del Presidente della Repubblica, costituisce un attacco inequivocabile all’unità del paese quando servirebbe, al contrario, una nuova idea di decentramento ed un riordino del sistema della autonomie locali che ne ricostruisca la capacità di risposta, minata da anni di tagli lineari, mettendo al centro la natura dei servizi da garantire e il livello istituzionale adeguato ad assicurarli.

Confermiamo la nostra contrarietà al progetto di autonomia differenziata del ministro Calderoli, confermando il nostro giudizio di necessarie modifiche al Titolo V che a partire dalla sanità ha generato troppe differenziazioni territoriali di fatto e strumenti quali perequazione e livelli essenziali non adeguati a traguardare l’obiettivo di garantire sistemi realmente universali di garanzia dei diritti fondamentali, acuendo la rottura della coesione sociale e territoriale nel nostro paese, la secessione legislativa, di programmazione e gestione, esaltando il concetto di differenziazione mettendo in competizione i territori tra loro. Serve investire, al contrario, nel decentramento amministrativo, ricollegando ad esso risorse e funzioni in un quadro chiaro di definizione di obiettivi e strumenti (a partire dai fabbisogni di personale).

È in coerenza al contrasto con questo disegno, che punta anche ad una nuova stagione di privatizzazioni ed esternalizzazioni, che il congresso stigmatizza la scelta di definanziare il fondo sanitario nazionale, in una nuova colpevole continuità con le politiche che, a partire dal 2010 al 2019 hanno prodotto 37 miliardi di tagli alla sanità. Neppure la pandemia, che sarebbe un errore considerare già definitivamente sconfitta, dopo la bolla emozionale che ne ha caratterizzato le fasi più acute, è stata strumento utile ad invertire stabilmente quella tendenza. Anche le risorse del Pnrr, che non consentono nella sostanza l’assunzione di personale, rischiano concretamente di essere il veicolo attraverso il quale il potenziamento dell’assistenza territoriale, la vera grande assente dei giorni più duri della pandemia, verrà consegnata alla gestione del privato, restringendo nei fatti l’alveo dell’intervento pubblico diretto prevalentemente all’ospedalità.

In coerenza con tutte le iniziative assunte dalla categoria nel corso degli ultimi anni, dalla piazza del New Deal per la Salute dell’ottobre 2020, alle iniziative e alle elaborazioni prodotte dalla Fp Medici e dirigenti sanitari, fino alla manifestazione “Sanità se non la curi non ti cura” che ha unito per la prima volta tutte le organizzazioni sindacali del comparto in difesa del futuro della sanità pubblica, il congresso impegna la categoria a continuare a perseguire, insieme alla Cgil, l’obiettivo di costruire una grande mobilitazione popolare a difesa del SSSN pubblico, equo e universale, come sancito dalla legge 833/1978, che promuova la cultura della salute e non il mercato delle prestazioni.

Nei confronti di una legge di bilancio classista, che ha prodotto politiche sbagliate per il paese, in assoluta coerenza con quanto fatto l’anno precedente nei confronti del Governo Draghi, la Cgil ha promosso – in tempi strettissimi – uno sciopero generale spesso in compagnia della Uil.

Il congresso rivendica quella scelta, operata in un momento ed in una fase complicata per le lavoratrici e per i lavoratori, come tappa di una mobilitazione  dettata dall’assoluta necessità di richiedere politiche in linea con le reali esigenze del paese e della maggioranza della popolazione, quella che non vive di rendita e speculazione, che fatica ad arrivare alla fine del mese pur lavorando, che ha in troppi casi introiettato la precarietà come condizione esistenziale oltre che come dominante del proprio rapporto di lavoro, quando un lavoro c’è.

Per questo il congresso conferisce mandato al futuro gruppo dirigente di continuare la mobilitazione già avviata, intensificandone le iniziative, fino allo sblocco della tornata contrattuale, per i contratti pubblici e privati.

Per il congresso la prospettiva dell’unità fra le organizzazioni confederali di categoria costituisce, da sempre, l’oggetto dell’impegno quotidiano di tutti i livelli della Fp Cgil. Un’unità che va ricercata a partire dal merito sindacale e da una rigorosa pratica dell’autonomia, rifuggendo da contiguità opportunistiche. Un’unità che dev’essere forza e non freno e che, come in occasione del rinnovo degli ultimi contratti pubblici può anche guardare all’allargamento del fronte sindacale, se utile a rafforzare il fronte che sostiene le posizioni della categoria.

4 – Il paese: salari, nuove e vecchie povertà, concentrazione della ricchezza

 Gli effetti combinati della crisi economica generata dalla pandemia e di quella derivante dai processi (anche speculativi) connessi alla guerra hanno infatti portato definitivamente in emersione un fenomeno che è il frutto di anni di politiche di progressiva svalorizzazione del lavoro e di disinvestimento nell’innovazione e nella produzione a favore della rendita e della speculazione.

I dati certificati in contemporanea nei mesi scorsi dal Censis e dalla Caritas consegnano la fotografia di un paese in cui cresce la povertà assoluta, (il 9,4% della popolazione residente nel 2021), cresce l’abbandono scolastico, il numero di persone che rinunciano alle cure, continua ad aumentare la precarietà.

Un paese che respinge i giovani e li porta al rifiuto di un lavoro sottopagato, troppo spesso povero e svalorizzante, magari proposto loro al termine di un percorso di studi oneroso in termini economici e dopo qualche finto stage.

È un fenomeno che comincia ad attraversare anche il lavoro pubblico, come dimostrano il fallimento del “concorso sud” del Ministro Brunetta nel 2021 ma anche, più di recente, molti concorsi che hanno visto la partecipazione di candidati in numero inferiore ai posti messi a concorso; va letto in questo quadro il fenomeno dell’abbandono dell’impiego pubblico, con punte quantitativamente significative in sanità e nel settore sociosanitario.

Un fenomeno che assume oggi caratteri ancor più drammatici con le numerose dimissioni di quanti, pur avendo vinto un concorso pubblico, preferiscono rinunciare perché l’inadeguatezza delle retribuzioni da un lato (a maggior ragione dovendosi spostare a centinaia di chilometri di distanza) e, dall’altro, l’impatto con pubbliche amministrazioni poco inclini all’innovazione organizzativa, all’utilizzo di forme flessibili di lavoro come lo smart working, in cui le prospettive di carriera appaiono poco trasparenti o nulle, mettono duramente alla prova anche le convinzioni più ferme che lavorare per il pubblico corrisponda alla effettiva volontà di mettere il proprio sapere a disposizione dell’interesse collettivo.

Il fenomeno delle rinunce richiede quindi azioni concrete e come sindacato, nel confermare la contrarietà ad ogni forma di nuove gabbie salariali, dobbiamo avere la responsabilità di porre con forza l’esigenza di individuare forme di sostegno al reddito nella fase di avviamento al lavoro, agendo contemporaneamente sia la contrattazione integrativa con le amministrazioni che assumono sia con il sistema istituzionale e delle autonomie territoriali.

Per uscire da questa spirale e rilanciare il paese c’è un solo modo: restituire dignità al lavoro, in tutte le sue forme, chiudere la stagione di compressione salariale, austerità e precarietà diffusa ed aprire una nuova fase che guardi prioritariamente alla redistribuzione della ricchezza, alla creazione di lavoro stabile, all’emersione del lavoro nero, alla lotta all’evasione e all’innalzamento dei salari, anche affrontando il tema del finanziamento e del rinnovo dei contratti pubblici, superando l’Ipca e in tempi compatibili con l’esigibilità nella vigenza triennale, contrastando il tentativo di spostare  prevalentemente su produttività e sistema indennitario le dinamiche di crescita salariale.

Una nuova fase che metta al centro il tema della sicurezza sul lavoro, assumendo l’obiettivo di fermare la strage quotidiana di morti e infortuni che grava sul nostro paese come un impegno quotidiano e concreto, che richiede il reale potenziamento in termini di organici e una nuova sinergia delle autorità deputate ai controlli.  Peraltro, quello della qualità del lavoro, delle basse retribuzioni e della fuga dai lavori gravosi e malpagati è un fenomeno di dimensione per lo meno europea, che riguarda in particolare sanità, servizi sociali e lavoro nella long term care; per questo il Congresso ritiene necessario dare seguito e incrementare l’attività rivendicativa sviluppata assieme ad Epsu e le federazioni che la compongono, di cui la manifestazione europea sulla sanità dello scorso dicembre è solo un primo esito.

Per dare al paese una prospettiva di cambiamento possibile, verso una società più giusta, equa, inclusiva, solidale, va rilanciata la presenza dello stato, in tutte le sue forme e articolazioni, attraverso politiche di reinsediamento dei servizi pubblici. Lavorare nelle pubbliche amministrazioni deve poter essere l’aspirazione legittima di chi cerca nel lavoro la sua massima realizzazione potendo trovare organizzazioni che producano valore, senso, riconoscibilità dello stato, in forme di lavoro maggiormente qualificate in cui la formazione e il sapere siano costantemente coltivati.

Negli ultimi anni e in momenti diversi la Cgil ha messo a disposizione del paese due importanti proposte, quella del Piano del Lavoro e quella per una Carta dei diritti del Lavoro; si parta da lì per ricostruire quel filo interrotto fra politica e lavoratori che ha portato a disillusione e a una deriva di individualismo che ha trovato facili risposte nei populismi e nella destra.

Già nel Piano del Lavoro, all’indomani della crisi economica, la CGIL seppe individuare nelle amministrazioni e nei servizi pubblici i luoghi dove dare vita a nuove e maggiori opportunità di creazione di lavoro, dignitoso e di qualità, nella sicurezza e tutela del territorio e del patrimonio culturale e ambientale, nella cura delle persone e nell’assistenza delle fragilità, nell’educazione delle bambine e dei bambini, nell’istruzione e nella formazione continua, nel soccorso, in un sistema di vigilanza e controllo in grado di assicurare il rispetto dei diritti di chi lavora e un fisco giusto e solidale, per una giustizia di cui le cittadine e i cittadini onesti possano fidarsi, perché anche i suoi tempi e le procedure siano fonte di legalità e trasparenza.

Ora, alla luce dell’esperienza pandemica, la CGIL può aggiornare il suo Piano del Lavoro nella riscoperta delle amministrazioni e dei servizi pubblici non solo come datori di lavoro tra gli altri ma come i luoghi in cui è possibile generare valore per l’intero paese. I luoghi di lavoro in cui è possibile sperimentare forme di innovazione organizzativa e tecnologica, dove la finalità stessa di “produrre” i diritti delle persone impone la necessità di garantire che il “prodotto” sia efficace, duraturo e disponibile a tutte e tutti. L’equilibrio tra dinamicità organizzativa e rispetto del mandato costituzionale fa di ogni amministrazione pubblica, centrale o periferica, il luogo di lavoro a più alto contenuto professionale e ad elevata capacità di mutazione.

È in questa chiave che il congresso ritiene vada vista la necessità di un rinnovato investimento nei servizi e nel lavoro pubblico e in quello privato che opera per conto del pubblico.

In particolare, lavorare nel pubblico richiede oggi la consapevolezza che la PA del nuovo millennio non può tornare a essere il luogo dello scambio tra posto fisso e bassi salari degli albori del secolo scorso, ma deve essere il luogo in cui si misura concretamente la capacità di innovazione e competizione del paese in Europa e nel mondo.

Investire nel lavoro e nei servizi pubblici richiede politiche di reclutamento multiformi e differenti, politiche organizzative orientate alla valorizzazione delle competenze e professionalità nel riconoscimento delle responsabilità individuali e di gruppo, in cui la logica del comando lasci definitivamente il posto alla fiducia tra co-produttori di senso e di valore.

Così il lavoro, anche quello dei servizi pubblici, crea il futuro.

L’esito delle assemblee di posto di lavoro, il dibattito ricco dei nostri congressi a tutti i livelli consegna al nuovo gruppo dirigente diverse indicazioni di lavoro e obiettivi per i prossimi anni in coerenza con le azioni contenute nel documento che ha incontrato la condivisione della quasi totalità delle iscritte e degli iscritti.

5 – Obiettivi per i prossimi quattro anni

5.1 – Il piano straordinario per l’occupazione

La Fp Cgil ha lanciato pubblicamente una vertenza per un Piano straordinario per l’occupazione.

Il PSO è la chiave per rilanciare un’idea diversa di paese, che riassuma il valore sociale del lavoro e dei servizi pubblici quale fattore decisivo per la garanzia dei diritti di cittadinanza e costituzionali, rende indispensabile un investimento in termini economici e politici votato alla messa in sicurezza e al rilancio del SSSN, ad una rinnovata ed efficiente presenza dello Stato nei territori, a fare uscire gli enti locali dal soffocamento operativo che ne limita e in molti casi impedisce la capacità di assolvere alla propria funzione in termini di risposte di prossimità alle cittadine e ai cittadini.

Ma prim’ancora il PSO è lo strumento attraverso il quale contrastare la precarietà, piaga che colpisce e attraversa anche i servizi pubblici sia a gestione diretta che a gestione indiretta.

Nel 2020 i dati della ragioneria generale dello stato hanno certificato la presenza di 87.000 precari in tutta la pubblica amministrazione, di cui oltre la metà nella sola sanità, a fronte di più di 300.000 dipendenti pubblici che, solo nei settori organizzati sindacalmente dalla Fp Cgil matureranno i requisiti per la pensione da qui al 2026.

Emblematica è la situazione della ricerca sanitaria, settore strategico che, come evidenziato da un recente sondaggio della federazione nazionale, poggia sulle spalle di circa 1600 lavoratrici e lavoratori precari che vantano un percorso di precariato medio superiore ai 13 anni (con punte di 39), un’età media superiore ai 42 anni (con punte di 65); nella sostanza una vita da precari per chi rappresenta un fiore all’occhiello del nostro paese, quei cervelli sui quali si recrimina quando cercano percorsi professionali e di vita che li valorizzino fuori dall’Italia

Ma la precarietà non è prerogativa che riguarda solo i settori dei contratti pubblici; nei nostri settori privati rappresenta una piaga se possibile peggiore, perché a fronte di contratti più deboli, più aggressive sono le incursioni e gli abusi datoriali tesi ad un utilizzo smodato e unilaterale della flessibilità.

Lo vediamo, solo a titolo di esempio, nel flagello dei part time ciclici e/o involontari.

Il PSO è lo strumento indispensabile per creare le condizioni utili ad arginare le privatizzazioni, le esternalizzazioni e definire “dal basso” una nuova idea del rapporto pubblico-privato.

La lotta ai processi di progressiva esternalizzazione che vedono sempre più interessati i nostri settori, a partire da quello educativo-scolastico e che toccano anche settori – ad esempio quello amministrativo – nel passato meno soggetti a questi processi non può e non deve rallentare.

Dopo quindici anni di disinvestimento nel lavoro e nei servizi pubblici, la pandemia ha messo in evidenza anche i rischi prodotti dall’impoverimento della risposta pubblica in servizi di fondamentale importanza per la difesa delle popolazioni. Non solo la sanità e il personale operante nelle strutture residenziali per anziani, infatti, è stata in prima linea costretta a dover scegliere le priorità nell’emergenza per l’inadeguatezza anche numerica delle proprie risorse. Così è stato per le amministrazioni del soccorso e della sicurezza pubblica, per quelle che hanno dovuto garantire tempestivamente gli strumenti di sostegno a quanti rimanevano fuori dalle proprie attività lavorative. Così, vigili del fuoco, addetti ai servizi di vigilanza e ispettivi, poliziotti penitenziari e personale di area socio–educativa e pedagogica, i corpi di polizia municipale e il personale degli Enti Locali, gli addetti all’igiene ambientale, hanno visto amplificate le proprie difficoltà diventate ormai ordinarie per le carenze di organico accumulate negli anni.

Una attenzione particolare andrà posta sullo sviluppo del ciclo integrato dei rifiuti, nell’ambito della promozione dell’economia circolare. È una opportunità di creare nuova e buona occupazione in una settore che ha una dimensione industriale e che non si limita solamente alla valorizzazione delle raccolte dei rifiuti urbani ma anche di quelli prodotti dal mondo delle imprese.

Territori con servizi pubblici di qualità che erogano acqua, distribuiscono energia e smaltiscono rifiuti, non solamente preservano l’ambiente ma favoriscono l’insediamento di nuove imprese e quindi sono un importante volano di sviluppo locale.

Così come le lavoratrici e lavoratori dei servizi educativi che più degli altri dipendenti pubblici hanno sofferto il conflitto tra cura e sicurezza essendo arrivato per ultimo il protocollo sulla sicurezza in questo settore a causa dei conflitti istituzionali tra i comuni, le regioni e lo stato. Tutti i dipendenti delle Autonomie locali: comuni, province, città metropolitane, regioni, dalla polizia locale, agli assistenti sociali, ai demografici, tutti in servizio per garantire continuità amministrativa anche alternando lavoro in presenza e da remoto come nel caso degli amministrativi.

La disponibilità di ingenti risorse economiche da parte dell’Europa per finanziare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha fatto ripartire le procedure di reclutamento generalizzato nelle amministrazioni pubbliche. Ma, ferma restando l’inadeguatezza di concorsi pubblici per le sole assunzioni a tempo determinato legate alla realizzazione dei progetti del PNRR, il rischio che quelle stesse risorse stanziate dall’Europa vadano perse per il mancato raggiungimento degli obiettivi gettando il paese in una nuova pesante situazione debitoria e di deficit, dovrebbe richiamare tutti i decisori pubblici alla responsabilità di pensare a misure strutturali e utili all’effettiva riqualificazione e ammodernamento dello stato.

Il raggiungimento degli obiettivi del PNRR, in questa direzione, è condizione decisiva per le prospettive del paese, delle amministrazioni pubbliche e degli stessi dipendenti pubblici. Per evitare il rischio di una nuova stagione di blocchi dei contratti e della contrattazione, come di un definitivo colpo alla effettività dei servizi pubblici.

L’esperienza di questi mesi di migliaia di lavoratrici e lavoratori, spesso già con esperienze professionali alle spalle, che si sono messi a disposizione dei progetti del PNRR, dai funzionari del MEF a quelli degli Uffici per il Processo di Tribunali, Procure e della Giustizia Amministrativa, è un utile punto di riferimento per guardare alla pubblica amministrazione del futuro più prossimo e immediato.

Bisogna assicurare assunzioni a tempo indeterminato nelle amministrazioni pubbliche evitando il continuo ricorso all’utilizzo di personale assunto da soggetti diversi, aziende e società in house, con costi anche maggiori magari ma non offrendo mai la concreta prospettiva di stabilizzazione per precari ormai storici.

Per questo il congresso impegna i gruppi dirigenti ad aprire a tutti i livelli una stagione di vertenzialità diffusa con l’obiettivo minimo di individuare per ogni comparto in ogni territorio posti di lavoro nei quali agire una rivendicazione anche conflittuale tesa a produrre accordi che abbiano l’obiettivo della progressiva stabilizzazione dei precari e della riduzione delle forme contrattuali diverse da quella a tempo determinato.

5.2 – Il contrasto al dumping

Analogamente, la discussione congressuale ha individuato nel contrasto al dumping contrattuale una delle priorità su cui incentrare la nostra azione nel prossimo quadriennio.

La platea delle iscritte e degli iscritti alla Fp Cgil è molto cambiata nel corso degli anni, giungendo al punto attuale in cui la rappresentanza nei settori privati ha superato numericamente quella di chi opera con un contratto pubblico.

Questo dato, oltre ad imporre un ulteriore salto di qualità nella nostra capacità di insediamento in settori dove amplissimi sono i margini per nuovo proselitismo, ci richiama all’urgenza di qualificare maggiormente la nostra azione sindacale e contrattuale.

Contrastare il dumping significa praticare una strategia composita: una lavoro sinergico con la Confederazione e le altre categorie teso a una pratica che eviti nuove sovrapposizioni di campi di applicazione contrattuali e riduca quelle esistenti , estendere la contrattazione sociale e territoriale d’anticipo, proseguire nel faticoso tentativo di ridurre il numero dei Ccnl applicati e mettere fuori gioco contratti sottoscritti con organizzazioni sindacali di comodo (anche attraverso un presidio della revisione delle norme regionali relative agli accreditamenti), continuare a mantenere il rigore che abbiamo dimostrato non sottoscrivendo accordi che attaccano diritti fondamentali quali, ad esempio, quello relativo al trattamento per la malattia. Contrastare il dumping vuol dire seguire la strada che ci ha portato, nel 2020, a equiparare il contratto della sanità privata a quello della sanità pubblica allora vigente e a unificare i contratti dell’Igiene ambientale pubblica e privata, proseguendo in quella direzione nella stagione di rinnovo che si sta avviando.

Contrastare il dumping può produrre una nuova prospettiva nella relazione fra pubblico e privato che opera per conto o al posto del pubblico, perché solo eliminando progressivamente la leva della compressione del costo del lavoro e dei diritti giocata sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori si potrà agire la leva della qualità reale, dell’efficacia, dell’efficienza, dell’innovazione e dell’ampliamento dei servizi, obbligando pubblica amministrazione e gestori per conto del pubblico a misurarsi su questo, lavorando inoltre affinché si giunga ad una norma che preveda che i soggetti privati siano tenuti ad applicare i contratti collettivi nazionali di settore sottoscritti dall’organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentativi.

Questa è la strada, quindi, per chiudere la stagione dei contratti pirata con l’obiettivo di giungere rapidamente ad una nuova contrattualizzazione di settori oggetto da tempo di nostre iniziative e mobilitazioni, prime fra tutte quelle che riguardano Aris e Aiop Rsa e Anaste.

5.3 – I contratti e la contrattazione nazionale

La stagione contrattuale che è di fronte a noi ha il compito di essere coerente con queste impostazioni di fondo e con la mutata situazione socio-economica che riguarda il paese. Se il quadriennio che abbiamo alle spalle è stato quello della riconquista della contrattazione e dell’innovazione, che nel pubblico si è tradotta nella riscrittura complessiva degli ordinamenti professionali e nella contrattualizzazione dello smart working, la stagione che si apre – stante un quadro economico caratterizzato da un’inflazione a due cifre – non può che guardare al salario e all’incremento complessivo del potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori come al punto di rivendicazione prioritario.

Per raggiungere questo obiettivo è necessario, a partire dalla scrittura delle piattaforme, agire su una pluralità di strumenti;

  • – incremento delle retribuzioni tabellari e delle indennità da contratto nazionale confermandone funzione di autorità salariale

– eliminazione dei vincoli economici alla contrattazione integrativa (i tetti ai fondi risorse decentrate) e su detassazione (estensione, nell’impennata inflazionistica, della fiscalità di vantaggio sugli incrementi contrattuali e della contrattazione integrativa già prevista per il lavoro privato)

– rifinanziamento delle risorse dedicate all’applicazione dei nuovi ordinamenti professionali e individuazione di nuove risorse da destinare alle carriere e alle progressioni economiche

– definizione di misure e forme di sostegno al reddito, sia finanziate direttamente dai bilanci degli enti, amministrazioni e aziende di appartenenza, sia rinvenibili dalla collaborazione con il territorio, quali, ad esempio, agevolazioni per il trasporto pubblico locale, aumento dei buoni pasto e convenzioni con mense, accordi con le amministrazioni per l’utilizzo di immobili ad uso abitativo, incremento delle percentuali e delle giornate di smart working, servizi educativi accessibili a tutte le lavoratrici e lavoratori in forte integrazione con il territorio a scelta o di residenza o vicino al luogo di lavoro, pacchetti di prestazioni legate alla prevenzione di malattie professionali.

– forme indennitarie da gestire con la contrattazione integrativa ma finanziate dai bilanci come sostegno iniziale alle spese di insediamento nelle città di destinazione per i vincitori di concorso.

Per i contratti privati, è prioritario proseguire nelle vertenze volte alla sottoscrizione del nuovo contratto ARIS, AIOP RSA e ANASTE.

Più in generale, per la generalità di questi comparti, oltre al dato salariale, fondamentale, sono necessari interventi che proseguano nella direzione di colmare il divario rispetto a quelli sottoscritti nei settori pubblici.

Questo significa investire sui temi della valorizzazione professionale e degli inquadramenti, che in molti casi vanno rivisti e implementati, sulla qualità e sui carichi del lavoro, sul potenziamento e l’esigibilità della contrattazione di secondo livello, sul diritto alla formazione, sul mettere al centro concretamente ed in modo esigibile il tema della sicurezza. Il congresso ritiene inoltre necessario potenziare la dotazione di diritti individuali e collettivi, ribadendo una volta di più che per la Funzione Pubblica CGIL ci sono diritti che non possono essere minati dalla contrattazione nazionale in una logica di scambio derogatorio. Estendere le protezioni in materia di genitorialità, di riconoscimento dei diritti in applicazione della legge 76/2016, di orario di lavoro, di permessi utili alle politiche di conciliazione, di diritto alla formazione, prevedere meccanismi di protezione in caso di limitazioni e di attività di lavorative discontinue – solo per fare alcuni esempi – significa definire un primo ventaglio di obiettivi sui quali concentrare la nostra azione futura.

Investire nello sviluppo professionale significa inoltre, come prassi di accompagnamento e completamento della contrattazione, presidiare e orientare i processi normo-regolatori che portano alla definizione dei diversi profili: un esempio su tutti quello che dovrebbe portare alla riunificazione del profilo dell’educatore.

Infine, la categoria è impegnata a estendere e rendere effettivamente esigibile lo strumento della contrattazione nei settori pubblici ancora esclusi, a partire dalla definizione del primo contratto collettivo nazionale di lavoro per la dirigenza penitenziaria, come pure previsto dalla legge nel 2005, e dall’insieme degli organi costituzionali.

 

5.4 – La contrattazione integrativa

La stagione di contrattazione integrativa che si apre a valle della sottoscrizione dei contratti nazionali pubblici del triennio 19/21 e di quelli privati sottoscritti negli ultimi anni ha il compito di rendere esigibili e concreti i risultati ottenuti, di svilupparne le potenzialità.

Nei settori pubblici questo significa in primo luogo procedere con l’applicazione dei nuovi sistemi di classificazione del personale, in una pratica che ne garantisca esigibilità e uno sguardo di lungo periodo che si misuri anche con l’esigenza di valorizzare le nuove professionalità che, seppur in misura largamente insufficiente, sono entrate ed entreranno nella PA nei prossimi anni.

Contrattare i nuovi ordinamenti vuol dire entrare dentro l’organizzazione del lavoro, contribuire a disegnarne le dinamiche, saper immaginare le traiettorie di sviluppo professionale delle tante e diverse professionalità che abitano le amministrazioni.

Nei settori privati, gli anni che abbiamo di fronte dovranno in primo luogo misurarsi con l’obiettivo di estendere la contrattazione, di renderla strumento percepito e conosciuto dalle lavoratrici e dai lavoratori come in grado di incidere concretamente sulla loro condizione materiale; occupazione, salario accessorio, organizzazione del lavoro e degli orari, anche attraverso la leva della sicurezza in stretto raccordo con gli Rls, crescita e strumenti di riconoscimento professionale, formazione sono solo alcuni dei temi che dovranno essere al centro delle piattaforme che dovranno essere discusse e validate nel rapporto con le lavoratrici e i lavoratori.

 

5.5 La rappresentanza e le rsu

Il congresso riafferma l’importanza e il valore della rappresentanza democratica incarnato dalle Rsu, strumento che la Fp Cgil, per prima, ha lottato perché divenisse generale e certificato, esperienza che, nei settori pubblici, permane di straordinario valore anche nel panorama confederale per la sua unicità. La recente tornata elettorale ha confermato la Fp Cgil come il primo sindacato nel complesso della pubblica amministrazione che rappresentiamo, pur evidenziando elementi di arretramento in alcuni settori, particolarmente concentrati in alcuni territori. La Federazione è tempestivamente intervenuta, sempre in modo concordato fra i diversi livelli e in alcuni casi in modo radicale, per affrontare le cause organizzative e politiche alla base di questi risultati negativi. Non si può non osservare, ciò premesso, come sia forte il tentativo di trasformare la natura delle Rsu da grande appuntamento di partecipazione democratica a mero strumento di riscontro di un consenso da costruire attraverso logiche e pratiche che con il protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori prima, delle elette e degli eletti poi, nulla hanno a che fare.

Queste pratiche sono solo la dimostrazione che non è più in discussione la volontà o meno di votare per le RSU, dopo i precedenti tentativi di metterne in discussione l’esistenza, quanto la natura dello strumento elettorale, fino a segnare nettamente la divisione del campo tra chi assegna il compito alle elezioni di favorire la partecipazione democratica delle lavoratrici e dei lavoratori alle scelte delle amministrazioni con lo strumento della contrattazione diffusa e articolata in tutti i posti di lavoro, e chi usa lo strumento elettorale esclusivamente per accaparrarsi agibilità sindacali e risorse utili a finanziare i propri apparati.

Fermo restando che ciò non può essere per noi motivo di disimpegno e tantomeno di arretramento sulla necessità di dare ruolo, funzione e titolarità alle RSU democraticamente elette in ogni posto di lavoro, si pone la necessità per tutta l’organizzazione di effettuare un bilancio sull’esperienza delle RSU nei comparti pubblici, anche per rafforzarne la rivendicazione in tutti i comparti privati che organizziamo, e promuovere iniziative finalizzate alla loro riattualizzazione.

Fin da subito, il congresso ritiene vadano attivate stabilmente a ogni livello dell’organizzazione strutture permanenti dedicate alle RSU con l’obiettivo di curarne le attività di formazione, il monitoraggio, le anagrafiche delle elette e degli eletti, politiche di insediamento, coordinamento e rafforzamento nelle competenze.

Il congresso impegna le federazioni tutte a costituire le assemblee dei delegati di comparto a tutti i livelli il cui numero e compiti sarà stabilito da un regolamento approvato dall’assemblea generale, con funzione di consultazione e partecipazione alle scelte programmatiche e all’attività sindacale dei comparti, segreterie sono componenti di tutte le assemblee per garantire coerenza e trasversalità in un’ottica di sempre maggiore integrazione e allargamento della partecipazione delle delegate e delegati.

Parimenti il congresso considera necessario non deflettere dall’intento di estendere il processo di elezione delle Rsu anche agli altri settori che organizziamo a partire dai Vigili del Fuoco, Polizia Penitenziaria, Organi Costituzionali e dai settori del privato della categoria, oltre la già importante esperienza dell’igiene ambientale. La legittimazione delle delegate e dei delegati Rsu da parte dell’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori è, infatti, oltre ad un elemento indispensabile di democrazia, anche strumento strategico per limitare dal basso la possibilità che altre organizzazioni sindacali, meno rappresentative della nostra, sottoscrivano contratti con contenuti che arretrano o scambiano diritti fondamentali.

5.6 La partecipazione

La nostra forza sono le lavoratrici e i lavoratori, le delegate e i delegati.

Per questo il Congresso impegna l’intero gruppo dirigente della categoria ad una stagione che prosegua e intensifichi la partecipazione attraverso l’attività di coinvolgimento attivo delle delegate e dei delegati già avviata, estendendo e rafforzando l’esperienza dei coordinamenti professionali, anche intercompartimentali, quale strumento di allargamento della base di discussione sindacale e strumenti utili anche ai processi di rinnovamento dei gruppi dirigenti. Allo stesso modo e per le stesse ragioni vanno consolidate ed estese a tutti i livelli della categoria le innovazioni organizzative che ci hanno portato nel recente passato ad istituire coordinamenti per amministrazioni, aree professionali, funzioni e comparti.

5.7 – La formazione come diritto individuale e organizzativo

Il mandato congressuale che abbiamo alle spalle si è caratterizzato per una serie di importanti investimenti sul tema della formazione delle delegate e dei delegati.

L’attività dell’ufficio formazione e del gruppo formatori nazionale ha consentito il coinvolgimento di centinaia di compagne e compagni in un percorso che è sfociato nell’esperienza senza precedenti di Funzione partecipativa, e che ora si sta arricchendo con il progetto di alta formazione della Winter School.

Il congresso ritiene la formazione una leva strategica per la crescita di competenze e di autorevolezza dell’insieme del suo gruppo dirigente; il diritto alla formazione delle delegate e dei delegati va garantito, così come la formazione continua è un diritto/dovere dell’insieme del gruppo dirigente, nessun livello escluso.

5.8 – I giovani

Proprio la recente tornata elettorale e l’esperienza di Funzione Partecipativa hanno messo l’insieme della categoria nelle condizioni di misurare quanto importante sia, in termini dimensionali e qualitativi, il contributo che le giovani e i giovani delegati forniscono. Il congresso considera importante che si sviluppino sempre più percorsi e progetti di valorizzazione e inclusione delle giovani delegate e dei giovani delegati, che portano punti di vista, sensibilità e competenze – sia di natura politica che organizzativa e comunicativa – che devono trovare cittadinanza piena dentro la categoria.

Il Congresso impegna tutte le strutture della Federazione a favorire l’incontro dei giovani, degli studenti, con chi è in cerca di lavoro con la nostra organizzazione, anche mettendo a disposizione spazi per l’aggregazione delle nuove generazioni e dei nativi digitali, che possono costituire la base per una futura militanza nella nostra organizzazione.

5.9 – L’incremento nell’adesione alla nostra organizzazione

Il congresso, infine, impegna tutto il gruppo dirigente della categoria a proseguire nell’impegno nei confronti delle politiche volte ad incrementare l’adesione nei confronti della nostra organizzazione.

Questo si fa consolidando le molte e importanti iniziative e gli investimenti che nel corso degli ultimi anni si sono prodotti al fine di rendere l’iscrizione alla Funzione Pubblica più attrattiva anche in termini di servizi erogati, ma soprattutto rimettendo al centro dell’operato quotidiano di ogni delegata e delegato, di ogni dirigente ad ogni livello, il pensiero che i percorsi di adesione al sindacato si sono profondamente modificati, rendendo indispensabile una infaticabile e continua opera attiva di proselitismo volta ad un consistente rafforzamento della  nostra categoria e della Cgil tutta.